giovedì 30 aprile 2020

Pensiero step_#12

Sul finire del XVII secolo Bernard Le Bovier de Fontenelle attraverso la stesura del testo Querelles des Anciens et des Modernes (Digressione degli antichi e moderni) delinea una nuova concezione del progresso, distaccandosi dalla tradizione che tendeva a valorizzare il passato e gli antichi.
Fontenelle infatti sostiene che il progresso dell’umanità sia senza fine e non ripete uno schema circolare ripetitivo. 
Questa concezione si basa sulla costanza della natura umana: egli infatti dimostra come la natura umana e l’intelligenza della specie non muta nel tempo, dunque sarebbe fuori luogo pensare che gli antichi siano stati più intelligenti di noi o meno, la differenza risiede solo negli strumenti.
La fortuna dell’uomo moderno consiste nel poter usare a proprio vantaggio le scoperte già raggiunte per poterne raggiungere nuove, dunque portando l’umanità ad un progresso continuo che la elevi rispetto all’antichità.






Pandemia step_#11

In questa situazione di emergenza dovuta alla pandemia risulta notevole e centrale il ruolo della tecnologia, senza la quale molte delle certezze e delle attività che quotidianamente effettuiamo, ci sarebbero state negate a causa dell’impossibilità di uscire.
L’istruzione risulta un esempio più che adeguato, il ministro dell’istruzione infatti lanciando l’hashtag #lascuolacontinua garantisce l’istruzione e la formazione di migliaia di persone, tra giovani e bambini.
Senza la tecnologia ci sarebbero trovati a non poter continuare in modo adeguato l’anno scolastico o a doverlo interrompere completamente durante il periodo di chiusura delle strutture (es. studenti di scuola elementare che necessitano spiegazioni e supporto dai docenti), con videolezioni e supporto digitale si riesce invece, con le dovute limitazioni e difficoltà, a portare avanti lo studio e la carriera scolastica. Allo stesso modo risulta possibile il così detto “Smart working” adottato da molte aziende che così hanno permesso ai propri dipendenti di continuare a lavorare dalle proprie scrivanie di casa.
(Approfondimento: https://www.panorama.it/amp/il-ruolo-della-scuola-ai-tempi-del-coronavirus-2645563971)
Purtroppo la reclusione in una casa per così tanto tempo può causare uno scompenso delle nostre emozioni, rendendoci più fragili, tristi e frustrati, aggravando la psiche dei più deboli. Senza tecnologia un supporto professionale non sarebbe possibile, invece grazie alle piattaforme di videochiamata chiunque, a maggior ragione di frequentava già uno psicoterapeuta, può effettuare una visita dalla propria stanza.
I social inoltre, se usati in modo adeguato, possono risultare anche un mezzo tramite il quale avere un supporto emotivo e connetterci con i nostri affetti.
(Approfondimento: https://www.vice.com/it/article/jge9mb/psicoterapia-psicologo-online-da-casa)
La tecnologia potrebbe infine risultare utile anche a scopo medico, infatti esistono già strumenti tecnologici in grado di effettuare delle diagnosi a distanza, permettendo di alleggerire il carico degli ospedali.
(Approfondimento: https://www.wired.it/amp/274272/internet/regole/2020/03/25/coronavirus-tecnologia/)



Cinema step_#10




In questa clip, finale del film su Steve Jobs, egli decide di registrare uno spot motivazionale e per celebrare le persone come lui: i folli.
Il discorso è un vero e proprio inno alla diversità, alla ricerca e alla creatività, anche se questa in un primo momento potrebbe non essere capita. 
Il protagonista infatti sostiene che il mondo è in continuo progresso grazie alle azioni degli anticonformisti e dei ribelli che portano avanti le loro idee contro tutto e tutti, finendo per essere definiti folli ma risultando dei veri e propri geni e risorse per il mondo.
Il progresso del mondo, il suo miglioramento, le scoperte, le rivoluzioni (come quella tecnologica portata dalla Apple) vengono dunque associate a personalità fuori dagli schemi, che bisognerebbe incoraggiare piuttosto di ostacolare.
Questi individui sono infatti gli unici in grado di cambiare il mondo.

Arte step_#09

               Joseph Mallord William Turner, Pioggia, vapore e velocità, 1844, Londra, National Gallery.


Questo dipinto risulta esemplare per rappresentare il concetto di progresso. Il pittore infatti si colloca in un contesto in cui la pittura si stava evolvendo, abbracciando nuove tipologie e modalità di vedere e rappresentare la realtà.
Turner decide inoltre di immortalare il progresso tecnologico dell’epoca, in particolare il primo treno a vapore inglese. Per Turner fu di grande ispirazione questa novità tecnologica in quanto si rapportava in maniera diversa con la natura rispetto alle precedenti, riuscendo a creare dei fenomeni atmosferici. 
Il treno infatti attraversando un muro di pioggia riesce a creare e diffondere nuvole di vapore.
Nei suoi dipinti spesso la natura si trova alle prese con il progresso umano, in questo caso il progresso tecnologico del treno viene affiancato da quello della pittura e si serve di quest’ultimo per esprimersi. Turner nel dipinto decide di utilizzare un turbine di pennellate come metafora della velocità, della forza, della potenza del treno.
Anche la luce e il paesaggio assumono ruoli fondamentali nella costruzione del dipinto e della sua atmosfera, i giochi di luce e lo sondo poco chiaro creano infatti una apparente confusione nel quadro.
Questa confusione potrebbe essere superficialmente associata ad una scarsa attenzione e tecnica di Turner, il quale al contrario la crea con un preciso intento: rappresentare l’impetuosità e l’irruenza del treno, catturando il movimento nell’attimo quasi intrappolando più istanti ed impressioni in uno solo.
In questo senso Turner può essere considerato precursore del movimento futurista, anch’esso incentrato sulla rappresentazione del movimento e della tecnologia.

Platone step_#08

«Grosso modo la legge dice che nelle disgrazie la cosa migliore è stare il più possibile calmi e non agitarsi, perché il bene e il male di questi eventi non è chiaro e chi li sopporta di malanimo non ne ricava alcun miglioramento per l’avvenire; inoltre nessuna [604c] delle cose umane è degna di essere presa troppo sul serio e il dolore ostacola ciò che in questi casi deve soccorrerci al più presto». «A che cosa alludi?», domandò.

«Alla capacità di riflettere sull’accaduto», risposi, «e di adattare, come in un tiro di dadi, la propria condizione alla casualità degli eventi, a seconda della scelta che la ragione indica come la migliore; e se abbiamo ricevuto un colpo, non dobbiamo passare il tempo a gridare come fanciulli, tenendo con la mano la parte colpita, bensì abituare sempre l’anima a guarire e raddrizzare il più presto possibile [604d] la parte caduta a malata, eliminando il piagnisteo con la medicina».
-Platone(Repubblica)

Nell’antichità e nel tempo di Platone il concetto di progresso storico della società non era diffuso, era solito infatti volgere uno sguardo al passato in quanto si aveva una percezione ciclica della storia secondo la quale un evento poteva realizzarsi solo se era già avvenuto nel passato.
Secondo questa concezione un evento mai realizzato non avrebbe potuto mai esprimersi, dimostrando una diffidenza verso cambiamento e il progresso della società. L’unico progresso ammesso era quello interno del ciclo e quello personale dell’individuo.
In questo passo della Repubblica Platone si focalizza sulla crescita personale dell’individuo dimostrando come reagire al dolore e alle disgrazie della vita, senza farsi abbattere e crescendo costruttivamente grazie a queste.



mercoledì 29 aprile 2020

Poesia step_#07

XXXIV - LA GINESTRA, O FIORE DEL DESERTO


“E gli uomini vollero piuttosto
le tenebre che la luce.
GIOVANNI, III, 19.
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor nè fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
De' tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna de' mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi de' potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
E' il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive.

Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E proceder il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra se. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fe palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che se schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.

Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama se nè stima
Ricco d'or nè gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma se di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra se nel soffrir, nè gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che de' mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra se confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così, qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.

Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e sulla mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto Seren brillar il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Co' tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.

Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel, profondo
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli,
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.

Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Sull'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontano l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Ch'alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri, per li templi
Deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per voti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino,
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Nè sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.”


Questo scritto, detto anche il “testamento” di Leopardi mette in luce le sue considerazioni sulla storia e sul progresso. Dal punto di vista del poeta il progresso non si esprime come un movimento positivo e costruttivo, bensì come una grande e pericolosa decadenza verso la quale gli uomini stanno sprofondando.
Questo pensiero viene chiamato “Pessimismo storico” o ancora, per la sua particolarità, “Pessimismo Leopardiano”.
Nelle prime strofe Leopardi si impegna a rimarcare una grande distanza tra il passato e il presente, dimostrando come l’uomo stia perdendo la sua razionalità e si stia abbandonando alla religione e alle illusioni. l’uomo infatti non è più guidato dallo spirito illuminista e nonostante ciò si considera più importante di quel che è.
L’uomo ormai può trovare risposte e verità solo in se stesso e deve abbandonarsi al destino e alla natura che lo porteranno alla distruzione.



giovedì 16 aprile 2020

Letteratura step_ #06

Nella letteratura numerosi sono i casi dove il concetto di progresso assume una veste negativa, sottolineando la paura dei letterati verso la tecnologia e il progresso in quanto questi potrebbero spogliare le diverse arti del loro reale valore, facendole diventare una caricatura di loro stesse dove il contributo umano diventerebbe apatico o addirittura obsoleto. I “ Quaderni di Serafino Gubbio operatore” di Pirandello sono un ottimo esempio a supporto di questa tesi.


Serafino Gubbio  con la sua cinepresa.

Serafino Gubbio è un operatore cinematografico, il suo lavoro consiste nel riprendere gli attori che recitano con la sua cinepresa negli studi della Kosmograph, posizione che lo porta a considerarsi enormemente alienato dalla realtà. Il personaggio ha una raccolta di quaderni, attraverso la quale riesce a sfogarsi e liberare i suoi pensieri sulla sua condizione.  
Pirandello si pone in completa antitesi con il clima di celebrazione delle modernità espresso da Marinetti e dagli intellettuali dell’epoca. In questa opera lo scrittore analizza il cinema, una nuova arte sviluppatasi il quel periodo grazie allo sviluppo tecnologico, usandola come metafora per mostrare l’alienazione generata dalla modernità.
L’arte del cinema per lo scrittore è muta espressione di immagini e linguaggio di apparenze, non appena la cinepresa imprime meccanicamente la parola nel film, distrugge la sua stessa arte. trasformandosi in una copia caricaturale del teatro: una mimesis del reale.
Il romanzo inizia con una triste affermazione di serafino, egli infatti dichiara di studiare le persone speranzoso che loro riescano a capire cosa fanno, al contrario di lui che non comprende ormai neanche se stesso. Il personaggio si presenta subito apatico, freddo, privo di una partecipazione emotiva. Per lui e per i suoi colleghi le nuove divinità sono il ferro, il metallo, la macchina: strumenti attraverso i quali l’uomo si è trasformato da poeta fiero dei propri sentimenti in un automa schiavo e idolo degli strumenti meccanici, che ormai hanno soppiantato l’arte.
Per serafino scrivere i quaderni è uno sfogo, un urlo di aiuto di fronte alla sua “professionale impassibilità” nella quale si ritrova ad essere solamente una mano che gira la manovella. La morte dell’arte, della letteratura trovano metafora in Serafino anche attraverso i suoi quaderni, che sono digressioni, non sono completi, non sono romanzi.
La critica della cinepresa e di ciò che rappresenta arriva al culmine nel tragico finale della storia: durante una ripresa di Serafino un attore invece di sparare ad una tigre spara a sua moglie e poi viene successivamente divorato dalla tigre. Serafino decide di continuare impassibile a riprendere l’accaduto e successivamente utilizzare il nastro, modificandolo, per altri film.

”(…) NON GEMEVO, NON GRIDAVO: LA VOCE, DAL TERRORE, MI S’ERA SPENTA IN GOLA, PER SEMPRE. ECCO. HO RESO ALLA CASA UN SERVIZIO CHE FRUTTERÀ TESORI (…). AVEVA IN CORPO QUELLA MACCHINA LA VITA DI UN UOMO; GLIEL’AVEVO DATA DA MANGIARE FINO ALL’ULTIMO, FINO AL PUNTO CHE QUEL BRACCIO S’ERA PROTESO A UCCIDERE LA TIGRE.“ (SERAFINO GUBBIO)





mercoledì 15 aprile 2020

Pubblicità step_#05


Per il tema pubblicità ho scelto tre diverse immagini che narrano diversi modi in cui la società si è evoluta ed ha generato progresso.

Campagna pubblicitaria del 1973 a difesa dell’opinione altrui.
In una repubblica come quella italiana è fondamentale il
 dialogo per il corretto funzionamento di una democrazia ove
nessuna opinione deve essere automaticamente sopraffatta da un’altra.




Campagna a tutela dell’ambiente.
Nel progresso della società ci troviamo a scontrarci con diverse
problematiche create da noi stessi, come quella dell’inquinamento.
Il prossimo step verso il progresso risulta dunque un nuovo
approccio, magari incentrato sul riciclaggio.
                                     
Campagna a sostegno dell’integrazione.
A seguito dei recenti fenomeni di immigrazione e di “fuga di cervelli” risulta prioritario
 valorizzare  l’integrazione, a favore di un progresso verso una società
cosmopolita dove le barriere sociali verranno finalmente abbattute. 





Dialogo_ step#25

Nipote:Hey nonno, posso farti una domanda? Nonno:Certo dimmi pure Nipote: Molte volte mi rimproveri perché mi vedi sempre col telefono.. ma ...